martedì 18 marzo 2008

Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama rilasciata il 10 marzo, in occasione del 49° anniversario della rivolta della nazione tibetana

Da 60 anni circa i tibetani in tutto il Tibet, noto con il nome di Cholkha-Sum (U-Tsang, Kham e Amdo), hanno dovuto vivere in uno stato di costante angoscia, di intimidazione e di sospetti sotto la dominazione cinese. Nondimeno, oltre a mantenere la loro fede religiosa, un certo nazionalismo e la loro cultura unica, i tibetani sono stati capaci di mantenere viva la loro aspirazione alla libertà. Ammiro le peculiari caratteristiche del popolo tibetano e il loro indomito coraggio. Sono estremamente fiero e orgoglioso di loro.
Molti governi, molte organizzazioni non governative e varie persone di tutto il mondo hanno sostenuto ininterrottamente la causa del Tibet perché nutrono interesse per la pace e la giustizia. In modo particolare l´anno scorso i governi e i popoli di molti Paesi hanno compiuto gesti importanti, con i quali ci hanno comunicato il loro sostegno. Vorrei poter esprimere loro la mia profonda gratitudine uno per uno.
Il problema tibetano è estremamente complesso, intrinsecamente legato come è a molte questioni di varia natura, quali la politica, la società, la legalità, i diritti umani, la religione, la cultura, l´identità di un popolo intero, l´economia e le condizioni dell´ambiente naturale. Di conseguenza, per risolvere questo problema si rende necessario un approccio onnicomprensivo, che tenga in considerazione i vantaggi di tutte le parti coinvolte, invece che quelli di una soltanto. Pertanto siamo sempre stati risoluti nel nostro impegno nei confronti di una politica reciprocamente vantaggiosa, un Cammino Intermedio, e abbiamo compiuto sforzi sinceri e persistenti per perseguirlo per molti anni. Dal 2002 i miei inviati si sono incontrati sei volte con i funzionari della Repubblica Popolare Cinese per discutere le questioni più importanti. Queste discussioni a largo raggio hanno contribuito a chiarire alcuni dei dubbi, ci hanno consentito di esprimere le nostre aspirazioni. Tuttavia, sul piano dei risultati, sulle questioni più fondamentali non abbiamo conseguito alcun risultato concreto. Negli ultimi anni, inoltre, il Tibet ha dovuto subire sempre più repressioni e brutalità. Malgrado questi eventi sventurati, la mia posizione, la mia determinazione a cercare una strada percorribile e a continuare il nostro dialogo con il governo cinese restano immutate.
La principale preoccupazione della Repubblica Popolare Cinese è la sua mancanza di legittimità in Tibet. La via migliore per dare peso alla loro posizione è che il governo cinese persegua una politica che soddisfi il popolo tibetano, guadagnandosi la sua fiducia. Se fossimo capaci di arrivare a una riconciliazione percorrendo un sentiero di reciproco consenso – come ho fatto presente molte volte – io farei ogni sforzo possibile per conquistare il supporto del popolo tibetano.
Oggi in Tibet, a causa di molteplici azioni del governo cinese ispirate a una totale mancanza di lungimiranza, il clima è gravemente compromesso. A causa della loro prassi consistente nel trasferire la popolazione locale, oggi i non tibetani sono aumentati di numero, e i tibetani indigeni sono diventati un´insignificante minoranza all´interno del loro stesso Paese. Inoltre, la lingua, le usanze, le tradizioni tibetane, che riflettono la vera natura e identità del popolo tibetano, stanno progressivamente perdendosi. Di conseguenza, i tibetani sono sempre più assimilati nella ben più vasta popolazione cinese. In Tibet la repressione prosegue, continua a moltiplicare le numerose, inimmaginabili, brutali violazioni dei diritti umani, negando la libertà religiosa e politicizzando le questioni religiose. Tutto ciò sta accadendo per una mancanza di rispetto del popolo tibetano da parte del governo cinese. Questi sono gli ostacoli principali che il governo di Pechino deliberatamente frappone sulla strada della sua politica di unificazione delle nazionalità, che crea una discriminazione di fatto tra i due popoli, il tibetano e il cinese. Pertanto, io esorto il governo cinese a porre immediatamente fine a questa politica.
Quantunque le aree abitate dal popolo tibetano siano chiamate con nomi differenti – regione autonoma, prefetture autonome, contee autonome – in realtà sono autonome soltanto di nome. Nella realtà non godono di autonomia alcuna. Al contrario: sono governate da gente dimentica della situazione regionale, ispirate da quello che Mao Zedong chiamava lo "Sciovinismo Han". Di conseguenza, questa cosiddetta presunta autonomia non ha apportato alle nazionalità coinvolte alcun beneficio tangibile. Queste politiche ipocrite non rispondenti alla realtà stanno provocando danni enormi, non soltanto alle rispettive nazioni, ma altresì all´unità e alla stabilità della nazione cinese. È importante che il governo cinese – come Den Xiaoping suggeriva – impari a distinguere la verità dai fatti, in senso letterale.
Il governo cinese mi critica severamente ogni qualvolta io sollevo la questione del benessere del popolo tibetano davanti alla comunità internazionale. Finché non raggiungeremo una soluzione reciprocamente vantaggiosa, io ho la responsabilità storica e morale di continuare a parlare liberamente a suo nome. Tuttavia, è risaputo che io sono in semi-pensionamento da quando la leadership politica della Diaspora tibetana è stata eletta direttamente dalla popolazione tibetana nel suo complesso.
La Cina è un Paese potente e in ascesa grazie ai grandi progressi economici compiuti. Tutto ciò è sicuramente positivo, ma ha altresì concesso alla Cina l´opportunità di rivestire un ruolo importante sul palcoscenico globale. Il mondo sta ansiosamente aspettando di vedere in che modo l´attuale leadership cinese tradurrà in realtà i suoi concetti enunciati di "società armoniosa" e di "ascesa pacifica". Per concretizzare nella realtà questi concetti, il solo progresso economico non basterà. Devono pertanto esserci miglioramenti tangibili nel rispetto della legalità, della trasparenza, del diritto di informazione, come pure della libertà di parola. Poiché la Cina è un Paese di molte nazionalità, tutte devono poter ottenere eguaglianza e libertà, al fine di proteggere e tutelare le loro rispettive unicità e le loro identità, se si vuole che il Paese resti stabile.
Il 6 marzo 2008 il presidente Hu Jintao ha dichiarato: «La stabilità in Tibet concerne la stabilità del Paese e la sicurezza in Tibet concerne la sicurezza del Paese». Egli ha poi aggiunto che la leadership cinese deve assicurare il benessere dei tibetani, migliorare l´atteggiamento nei confronti delle religioni e dei gruppi etnici, mantenere l´armonia e la stabilità sociale. La dichiarazione del presidente Hu corrisponde alla realtà e noi siamo i primi a volere che tutto ciò accada.
Quest´anno il popolo cinese aspetta con orgoglio e impazienza l´inaugurazione dei Giochi Olimpici. Sin dall´inizio ho approvato l´idea che alla Cina fosse concessa l´opportunità di ospitare le Olimpiadi sul proprio suolo. Poiché simili importanti eventi internazionali e a maggior ragione le Olimpiadi celebrano i principi della libertà di parola, libertà di espressione, eguaglianza e amicizia, la Cina dovrebbe dimostrare di essere una buona padrona di casa concedendo queste libertà. Pertanto, oltre a inviare i propri atleti alle Olimpiadi, i Paesi della comunità internazionale dovrebbero rammentare al governo cinese l´importanza di queste cose. Sono venuto a sapere che molti parlamenti, molti singoli cittadini, molte organizzazioni non governative di tutto il mondo stanno predisponendo alcune attività per quando la Cina avrà operato un cambiamento sostanziale. Ammiro la loro buona fede. Mi piacerebbe poter affermare a chiare lettere che sarà molto importante osservare il periodo che farà seguito alla conclusione dei Giochi Olimpici. Questi avranno infatti un impatto enorme sulla mentalità del popolo cinese. La comunità internazionale, pertanto dovrebbe indagare varie modalità per investire le sue energie collettive nel produrre un cambiamento positivo continuo in Cina, anche dopo che si saranno concluse le Olimpiadi.
Vorrei cogliere questa opportunità per esprimere il mio orgoglio e il mio apprezzamento per la sincerità, il coraggio e la determinazione del popolo tibetano in Tibet. Lo esorto a continuare a lavorare pacificamente e nel solco della legalità per garantire che tutte le minoranze della Repubblica Popolare Cinese, compresa quella tibetana, possano infine godere dei loro legittimi diritti e benefici.
Approfitto inoltre di questa occasione per ringraziare il governo e il popolo indiano, in particolare, per il loro ininterrotto e ineguagliato aiuto ai rifugiati e alla causa del Tibet, e voglio esprimere anche la mia profonda gratitudine a tutti i governi e le persone che si occupano e preoccupano della causa tibetana. Dal canto mio prego per il benessere di tutti gli esseri umani senzienti.

Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama,
rilasciata il 10 marzo, in occasione del 49° anniversario della rivolta della nazione tibetana

possa essere ascoltato, possano le sue parole tracciare un solco effettivo profondo e benefico negli esseri che abitano questro mondo

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