lunedì 31 marzo 2008
Tondo, tutti i numeri della campagna elettorale "per una Regione di persone"
venerdì 28 marzo 2008
Tondo: Giovani in Europa: corsi di inglese a Dublino, sinergie tra Università e sostegno abitativo
mercoledì 26 marzo 2008
Tondo: "Così rilanceremo Lignano e il Basso Friuli"
martedì 25 marzo 2008
Tondo: "Solidale con Tibet, atleti Fvg scelgano libertà"
martedì 18 marzo 2008
Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama rilasciata il 10 marzo, in occasione del 49° anniversario della rivolta della nazione tibetana
Molti governi, molte organizzazioni non governative e varie persone di tutto il mondo hanno sostenuto ininterrottamente la causa del Tibet perché nutrono interesse per la pace e la giustizia. In modo particolare l´anno scorso i governi e i popoli di molti Paesi hanno compiuto gesti importanti, con i quali ci hanno comunicato il loro sostegno. Vorrei poter esprimere loro la mia profonda gratitudine uno per uno.
Il problema tibetano è estremamente complesso, intrinsecamente legato come è a molte questioni di varia natura, quali la politica, la società, la legalità, i diritti umani, la religione, la cultura, l´identità di un popolo intero, l´economia e le condizioni dell´ambiente naturale. Di conseguenza, per risolvere questo problema si rende necessario un approccio onnicomprensivo, che tenga in considerazione i vantaggi di tutte le parti coinvolte, invece che quelli di una soltanto. Pertanto siamo sempre stati risoluti nel nostro impegno nei confronti di una politica reciprocamente vantaggiosa, un Cammino Intermedio, e abbiamo compiuto sforzi sinceri e persistenti per perseguirlo per molti anni. Dal 2002 i miei inviati si sono incontrati sei volte con i funzionari della Repubblica Popolare Cinese per discutere le questioni più importanti. Queste discussioni a largo raggio hanno contribuito a chiarire alcuni dei dubbi, ci hanno consentito di esprimere le nostre aspirazioni. Tuttavia, sul piano dei risultati, sulle questioni più fondamentali non abbiamo conseguito alcun risultato concreto. Negli ultimi anni, inoltre, il Tibet ha dovuto subire sempre più repressioni e brutalità. Malgrado questi eventi sventurati, la mia posizione, la mia determinazione a cercare una strada percorribile e a continuare il nostro dialogo con il governo cinese restano immutate.
La principale preoccupazione della Repubblica Popolare Cinese è la sua mancanza di legittimità in Tibet. La via migliore per dare peso alla loro posizione è che il governo cinese persegua una politica che soddisfi il popolo tibetano, guadagnandosi la sua fiducia. Se fossimo capaci di arrivare a una riconciliazione percorrendo un sentiero di reciproco consenso – come ho fatto presente molte volte – io farei ogni sforzo possibile per conquistare il supporto del popolo tibetano.
Oggi in Tibet, a causa di molteplici azioni del governo cinese ispirate a una totale mancanza di lungimiranza, il clima è gravemente compromesso. A causa della loro prassi consistente nel trasferire la popolazione locale, oggi i non tibetani sono aumentati di numero, e i tibetani indigeni sono diventati un´insignificante minoranza all´interno del loro stesso Paese. Inoltre, la lingua, le usanze, le tradizioni tibetane, che riflettono la vera natura e identità del popolo tibetano, stanno progressivamente perdendosi. Di conseguenza, i tibetani sono sempre più assimilati nella ben più vasta popolazione cinese. In Tibet la repressione prosegue, continua a moltiplicare le numerose, inimmaginabili, brutali violazioni dei diritti umani, negando la libertà religiosa e politicizzando le questioni religiose. Tutto ciò sta accadendo per una mancanza di rispetto del popolo tibetano da parte del governo cinese. Questi sono gli ostacoli principali che il governo di Pechino deliberatamente frappone sulla strada della sua politica di unificazione delle nazionalità, che crea una discriminazione di fatto tra i due popoli, il tibetano e il cinese. Pertanto, io esorto il governo cinese a porre immediatamente fine a questa politica.
Quantunque le aree abitate dal popolo tibetano siano chiamate con nomi differenti – regione autonoma, prefetture autonome, contee autonome – in realtà sono autonome soltanto di nome. Nella realtà non godono di autonomia alcuna. Al contrario: sono governate da gente dimentica della situazione regionale, ispirate da quello che Mao Zedong chiamava lo "Sciovinismo Han". Di conseguenza, questa cosiddetta presunta autonomia non ha apportato alle nazionalità coinvolte alcun beneficio tangibile. Queste politiche ipocrite non rispondenti alla realtà stanno provocando danni enormi, non soltanto alle rispettive nazioni, ma altresì all´unità e alla stabilità della nazione cinese. È importante che il governo cinese – come Den Xiaoping suggeriva – impari a distinguere la verità dai fatti, in senso letterale.
Il governo cinese mi critica severamente ogni qualvolta io sollevo la questione del benessere del popolo tibetano davanti alla comunità internazionale. Finché non raggiungeremo una soluzione reciprocamente vantaggiosa, io ho la responsabilità storica e morale di continuare a parlare liberamente a suo nome. Tuttavia, è risaputo che io sono in semi-pensionamento da quando la leadership politica della Diaspora tibetana è stata eletta direttamente dalla popolazione tibetana nel suo complesso.
La Cina è un Paese potente e in ascesa grazie ai grandi progressi economici compiuti. Tutto ciò è sicuramente positivo, ma ha altresì concesso alla Cina l´opportunità di rivestire un ruolo importante sul palcoscenico globale. Il mondo sta ansiosamente aspettando di vedere in che modo l´attuale leadership cinese tradurrà in realtà i suoi concetti enunciati di "società armoniosa" e di "ascesa pacifica". Per concretizzare nella realtà questi concetti, il solo progresso economico non basterà. Devono pertanto esserci miglioramenti tangibili nel rispetto della legalità, della trasparenza, del diritto di informazione, come pure della libertà di parola. Poiché la Cina è un Paese di molte nazionalità, tutte devono poter ottenere eguaglianza e libertà, al fine di proteggere e tutelare le loro rispettive unicità e le loro identità, se si vuole che il Paese resti stabile.
Il 6 marzo 2008 il presidente Hu Jintao ha dichiarato: «La stabilità in Tibet concerne la stabilità del Paese e la sicurezza in Tibet concerne la sicurezza del Paese». Egli ha poi aggiunto che la leadership cinese deve assicurare il benessere dei tibetani, migliorare l´atteggiamento nei confronti delle religioni e dei gruppi etnici, mantenere l´armonia e la stabilità sociale. La dichiarazione del presidente Hu corrisponde alla realtà e noi siamo i primi a volere che tutto ciò accada.
Quest´anno il popolo cinese aspetta con orgoglio e impazienza l´inaugurazione dei Giochi Olimpici. Sin dall´inizio ho approvato l´idea che alla Cina fosse concessa l´opportunità di ospitare le Olimpiadi sul proprio suolo. Poiché simili importanti eventi internazionali e a maggior ragione le Olimpiadi celebrano i principi della libertà di parola, libertà di espressione, eguaglianza e amicizia, la Cina dovrebbe dimostrare di essere una buona padrona di casa concedendo queste libertà. Pertanto, oltre a inviare i propri atleti alle Olimpiadi, i Paesi della comunità internazionale dovrebbero rammentare al governo cinese l´importanza di queste cose. Sono venuto a sapere che molti parlamenti, molti singoli cittadini, molte organizzazioni non governative di tutto il mondo stanno predisponendo alcune attività per quando la Cina avrà operato un cambiamento sostanziale. Ammiro la loro buona fede. Mi piacerebbe poter affermare a chiare lettere che sarà molto importante osservare il periodo che farà seguito alla conclusione dei Giochi Olimpici. Questi avranno infatti un impatto enorme sulla mentalità del popolo cinese. La comunità internazionale, pertanto dovrebbe indagare varie modalità per investire le sue energie collettive nel produrre un cambiamento positivo continuo in Cina, anche dopo che si saranno concluse le Olimpiadi.
Vorrei cogliere questa opportunità per esprimere il mio orgoglio e il mio apprezzamento per la sincerità, il coraggio e la determinazione del popolo tibetano in Tibet. Lo esorto a continuare a lavorare pacificamente e nel solco della legalità per garantire che tutte le minoranze della Repubblica Popolare Cinese, compresa quella tibetana, possano infine godere dei loro legittimi diritti e benefici.
Approfitto inoltre di questa occasione per ringraziare il governo e il popolo indiano, in particolare, per il loro ininterrotto e ineguagliato aiuto ai rifugiati e alla causa del Tibet, e voglio esprimere anche la mia profonda gratitudine a tutti i governi e le persone che si occupano e preoccupano della causa tibetana. Dal canto mio prego per il benessere di tutti gli esseri umani senzienti.
Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama,
rilasciata il 10 marzo, in occasione del 49° anniversario della rivolta della nazione tibetana
possa essere ascoltato, possano le sue parole tracciare un solco effettivo profondo e benefico negli esseri che abitano questro mondo
sabato 15 marzo 2008
Tondo: "Proteggere i bambini e sostenere il volontariato"
lunedì 10 marzo 2008
I 5 "perché meno". Lodovico Festa
Il programma di Silvio Berlusconi non è malaccio: buoni assi generali e convincenti obiettivi prioritari. Walter Veltroni lo accusa di ridire le stesse cose. Non si accorge di rendersi ridicolo. Da Piero Sansonetti a Pier Ferdinando Casini alla mia portinaia sono tutti lì a imputare a Veltroni di dire le stesse cose di Berlusconi. A parte il tocco da Bandiera gialla di Red Ronnie: torneremo agli anni Sessanta. Mezzo autogol. Perché Berlusca antropologicamente è uomo da anni Sessanta, il mitico cummenda, mentre Veltroni non esisterebbe senza il Nanni Moretti anni Settanta. Detto questo, Berlusconi deve centrare meglio "la campagna" e raccontare bene la sua scommessa agli italiani. A mio avviso al centro del messaggio (un po' è già calibrato così, ma va migliorato) va posta l'idea "stiamo completando un programma": libertà (anche da bisogni fondamentali), meno tasse, più opere pubbliche e sicurezza dei cittadini. Queste le idee forza del 2001, queste quelle del 2008. Che siano attuali è dimostrato anche dal programma del centrosinistra che è sulla stessa scia. Va argomentato il perché questa volta si riuscirà ad andare fino in fondo nella loro realizzazione.
Io ho i miei cinque "perché" ("perché meno" per così dire). Il primo "perché"' è: ci sono meno Casini. Piccola ma tenace la presenza dell'Udc è stata perniciosa. Pessimi ministri da Rocco Buttiglione a Mario Baccini per non parlare del sabotatore vicepresidente del Consiglio Marco Follini, quelli dell'Udc hanno applicato dopo un anno di governo una tattica distruttiva: un pezzo di partito (i sociali) chiedeva una cosa, un altro (i liberisti) il contrario. Essersi liberati di questo centro di caos è elemento di forza per il probabile nuovo governo di centrodestra. Intanto la "campagna" Udc appare ubriaca. Si accusa contemporaneamente il centrodestra di essere estremista e di avere un accordo in tasca con Veltroni. Casini deve essere, poi, andato un po' fuori di testa: solo così si spiega la scelta di presentarsi come un ultramodernizzatore. Che è come se Jennifer Lopez interpretasse il ruolo di Madre Teresa di Calcutta. Per essere fino in fondo convincenti rispetto al superamento della sindrome da inCasinamento, quelli del centrodestra (Berlusconi, Fini e Bossi) dovrebbero coordinarsi meglio anche già dalla campagna elettorale.
Il secondo "perché meno" è l'uscita di scena di Luca Cordero di Montezemolo. Il suo arrivo alla presidenza di Confindustria provocò subito guai: Antonio Fazio serviva alla Fiat, fu appoggiato contro Giulio Tremonti interrompendo una positiva azione di governo. Si rimise in pieno gioco la Cgil, proprio nel momento del contratto del pubblico impiego dando una bella mano ad aumentare la spesa statale. Vennero messi in un cassetto gli obiettivi di riforma lanciati dalla stagione damatiana, facendo perdere spinta al governo di centrodestra. Si varò l'alleanza con Romano Prodi sulla base di un programma tassaiolo che vinse le elezioni per 25 mila voti. Le malefatte montezemoliane, pur senza clamore, sono state elaborate dagli imprenditori, tanto è vero che tutti gli uomini più legati a lui scappano o comunque sono tentati di scappare con Veltroni perché non hanno più spazio in viale dell'Astronomia. Quella di Emma Marcegaglia sarà una Confindustria molto "sindacale" e poco politica, comunque non tramerà più contro l'azione di un governo di centrodestra.
Danni limitati a due anni di governo ulivista
II terzo "perché meno" riguarda la Cgil: in odio più a Massimo D'Alema e Savino Pezzotta che a Berlusconi, Sergio Cofferati scatenò contro il governo una tempesta che provocò seri guasti. Quella Cgil non esiste più, Guglielmo Epifani fino a due anni fa guidava la lotta per abrogare il programma del centrodestra, poi ha firmato un accordo che ritarda di due anni la legge Maroni sulle pensioni, (così confermandola) e ha tolto due cose utili (job on call e staff leasing) dalla legge Biagi salvandone però largamente la struttura. Paolo Nerozzi, il potente uomo del pubblico impiego nella segreteria Cgil, che voleva essere ponte tra Pd e Fausto Bertinotti, è corso a rincantucciarsi da Veltroni, dove rende omaggio allo storico nemico Pietro Ichino. Con un governo di centrosinistra una Cgil che non ha maturato una vera svolta ma è solo stordita, metterebbe piombo nelle ali. Con un governo di centrodestra non avrà la forza di sconvolgere il mondo su obiettivi demagogia: sono stati seppelliti dal voto di quattro milioni di lavoratori pro Biagi e pensione a 65 anni.
Il quarto "perché meno" riguarda la fine dell'aggressione sistematica a Berlusconi, mirata a colpire Mediaset e metterlo in galera. Non è che Veltroni sia buono: qualche anno fa era alla testa del referendum per sfasciare Mediaset. E' però furbo e ha compreso come la guerra sia finita e che l'obiettivo di D'Alema (da lui un tempo sabotato) "la pacificazione" è oggi necessario. E così ha smantellato (pur con trucchi) la coalizione "tutto e tutti contro Berlusconi". L'effetto di questa scelta sulla politica è fondamentale: una serie di agguati politici ma anche di settori di magistratura e stampa "indipendente", non saranno più possibili. E' alle viste una stagione più serena. Il sollievo immediato che verrà al governo è che non vi sarà più bisogno di sprecare tante energie per "difendere" le libertà del presidente del Consiglio.
L'ultimo "perché meno" riguarda il fatto che il nuovo governo dovrà rimediare ai guasti di "solo" due anni di centrosinistra, non ai cinque dell'ultima volta. Quindi ci sarà meno deficit di spesa, meno imprese in malora, meno capitali in fuga. Si potrà ripartire da un "heri dicebamus" su un terreno più solido. (il Foglio)
69% DEGLI ELETTORI CENTRODESTRA D'ACCORDO CON USCITA DI GIOVANARDI DALL'UDC
da ClandestinowebGiovanardi ha fatto bene a lasciare l'Udc. Sembra questa la convinzione degli elettori del Polo che hanno risposto a un sondaggio di Poggi & Partners sull'ingresso dell'ex ministro nel Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi. Tra gli elettori di centrodestra che sono a conoscenza dell'uscita di Giovanardi dal partito di Casini (il 28% del campione), ben il 69% si è detto d'accordo con questa scelta. L'appoggio dei simpatizzanti di Forza Italia e Alleanza nazionale è più o meno assoluto. Gli azzurri che apprezzano la decisione di mollare l'Udc sono addirittura il 90%, contro un 5% di contrari e un altro 5% che non hanno risposto. Esito "bulgaro" anche fra i sostenitori di Alleanza nazionale, l'88% dei quali dà tutto il suo sostegno all'ex ministro fuoriuscito. Ma, pur con percentuali ovviamente minori, è l'esito del sondaggio fra gli elettori dell'Udc che risulta particolarmente interessante. Fra coloro che alle scorse elezioni avevano votato il partito di Pier Ferdinando Casini approvano la decisione di Giovanardi di confluire nel Popolo della libertà il 62% degli intervistati, contro il 36% che si è detto contrario. "Questo non vuol dire che passerà al Popolo della libertà il 62% dei voti dell'Udc", chiarisce Bruno Poggi, presidente di Poggi & Partners. "Secondo il nostro sondaggio, spiega, il partito di Casini perderà il 40% dei voti, l'altro 22% è rappresentato da gente che resterà fedele ai centristi ma che magari riconosce la coerenza di Giovanardi, che è sempre stato una specie di anti-Follini, l'uomo più vicino al Cavaliere". Eppure certi sondaggi danno l'Udc ancora oltre il 6%. Come si sposa questo dato con la presunta defezione del 40% degli elettori? "L'Udc nei sondaggi è circa al 5%", coninua Poggi "é vero che per noi perderà il 40% dei voti, ma qualcosa ha recuperato tra i delusi della Margherita". Da oggi al 13 aprile, però, il presidente di Poggi & Partners non è ottimista su una crescita dell'Udc: "Avvicinandosi al voto gli elettori tenderanno a polarizzarsi. E il peggior nemico del Cavaliere potrebbe essere Veltroni. Se continua a dire che il Pdl sta rimontando molti di quelli che pensavano di votare Casini andranno da Berlusconi per scongiurare una vittroria dell'ex sibdaco di Roma". "Casini" conclude Poggi "deve puntare a raggiunfere il 4% alla Camera e salvare la pelle. Al Senato se la giocherà in Sicilia, Campania, Lazio, Puglia e Veneto. Altrove non se ne parla". (Libero) |
martedì 4 marzo 2008
Popolari Liberali, il ruolo del PDL negli Enti Locali, Albano Laziale
Berlusconi a Tondo: "Sondaggi ok, vinceremo anche in Fvg"
domenica 2 marzo 2008
Tondo: "Abbatterò i costi della politica regionale"